In relazione alle attività di pertinenza dello Sportello di Ascolto Family Point, nelle giornate del 14 e del 29 Novembre 2018 la Cooperativa Sociale Berta ’80, rappresentata da Donato De Blasi in qualità di Direttore di Comunità Terapeutica e dagli psicologi Claudia Giordani e Jacopo Biraschi, ha realizzato presso l’Istituto Tecnico Statale “E. Divini” di San Severino Marche, due incontri sul fenomeno delle nuove e vecchie forme di dipendenza patologica dal titolo: “Abitare il Tempo”.

L’iniziativa ha coinvolto tutti gli studenti del primo anno e i loro docenti, con l’intento di informarli e sensibilizzarli rispetto al tema dell’utilizzo delle droghe, nonché di illustrare i servizi a cui rivolgere una domanda di consulenza, sostegno e/o cura ed infine far conoscere le prestazioni erogate dalla medesima cooperativa e da parte di altri attori del territorio.

 

Tre utenti in trattamento presso le Comunità Terapeutiche Istituto Croce Bianca e Opera Pia Miliani, gestite dalla Cooperativa Sociale Berta 80, sono intervenuti all’evento in qualità di testimoni privilegiati, raccontando la propria storia, mettendo in luce le complesse dinamiche che possono accompagnare l’esordio, il decorso e le conseguenze associate all’uso di sostanze. Riportiamo in sintesi le loro storie:

 

Una ferita antica. È così che M., in Comunità da quasi due anni, spiega il suo incontro con l’alcol, una sostanza che lui definisce di copertura.  Si rivela con queste parole alla platea di studenti, i quali, vitali e irrequieti nell’ascoltare gli operatori, si lasciano catturare dalla parola di chi si fa testimone della propria vita e dei suoi demoni.

 

  1. non si da scuse – non gli mancava nulla –, S. invece ricorda un’inquietudine di origine lontana.

 

L’innocenza e la leggerezza che connotano gli esordi dell’uso della sostanza, fino all’innescarsi di un vortice inarrestabile e mortifero, ricorrono negli episodi che si susseguono dei tre ragazzi. Questo passaggio sembra aprire una questione negli studenti, che vogliono capire, ad esempio, che bisogno c’era di passare dal fumo all’eroina.

 

Il carattere di urgenza, di bisogno, subdolo e coattivo, della dipendenza, conducono ad aprire il tema del controllo: la sostanza come oggetto sempre disponibile, di cui disporre a proprio piacimento per controllare lo stato del proprio corpo, per anestetizzarsi, per eccitarsi, per essere prestante. Il controllo sull’oggetto, e di riflesso su di sé, rivela presto il suo carattere ingannevole, illusorio: l’oggetto sostanza soggioga presto il soggetto, assoggettandolo, assumendone il controllo e privandolo della sua libertà. Con parole forti gli utenti rendono tangibile l’aspetto coattivo dell’uso della sostanza e del suo reperimento, il carattere assoluto di questa spinta distruttiva, cui è impossibile sottrarsi.

 

Il riempimento che il soggetto ricerca nell’oggetto sostanza, comporta un alto prezzo da pagare: il vuoto soggettivo. S. descrive con toni vividi lo spegnimento della spinta vitale, l’ottundimento del desiderio soggettivo, l’arresto del proprio potenziale generativo, il ritiro dell’eros dal mondo. Uno spossessamento del soggetto della sua soggettività, il tutto a vantaggio di un oggetto otturante e annichilente. È così che, per S., la passione per il pianoforte, che un tempo lo animava, si eclissa nell’istante in cui la sostanza invade tirannicamente tutto lo spazio interno al soggetto, tappando il luogo di scaturigine del proprio desiderio.

Queste parole fanno segno nei giovani studenti, che le ascoltano e interrogano: cosa ne è del vuoto?

 

Un punto di partenza, di cui fare qualcosa – suggerisce qualcuno. Che la mancanza soggettiva sia un luogo frequentabile, da cui rilanciare la propria spinta vitale in modo generativo, è una possibilità che va difesa e trasmessa, in una generazione che si muove in un contesto sociale in cui la mancanza sembra essere rigettata e il vuoto va riempito il più velocemente possibile, con la varietà di oggetti messi a disposizione in modo frenetico.

 

È possibile preservare il proprio desiderio, o  recuperarne qualcosa quando questo sembra smarrito, per non rimanere incollati all’oggetto-sostanza. C’è ancora in S., da qualche parte, chi desidera suonare il piano.